In genere se vogliamo comunicare qualcosa a qualcuno gli mandiamo un messaggio tramite WhatsApp, oppure se dobbiamo inviare un documento importante possiamo invitare una email.
Mentre altri ancora preferiscono affidarsi alla vecchia carta da lettere e scrivere a qualcuno che non si sente da tempo.
Se per scrivere quindi possiamo usufruire di tanti mezzi, allo stesso modo per poter scrivere musica viene si utilizza il pentagramma.
Il pentagramma o rigo musicale è l’insieme di 5 righe e 4 spazi all’interno del quale vengono scritte le note musicali e le relative figure che ne determinano l’altezza, il timbro e le pause.
Ma perché si chiama pentagramma?
L’origine del nome
Il nome pentagramma deriva dal greco penta (cinque) e gramma (lettera, scrittura) e indica come già detto uno schema sul quale vengono scritte le note musicali.
Ovviamente il pentagramma non è stato sempre così, ma si è evoluto nel corso del tempo.
Infatti la più antica forma di scrittura musicale si deve ai greci ed era costituita dalla notazione alfabetica: i suoni venivano rappresentati sotto forma di lettere dell’alfabeto collocate sopra le sillabe da cantare, e i valori che le accompagnavano erano rappresentati tramite punti e linee messi al di sopra di esse.
Questa prima notazione fu ripresa poi dai latini e venne utilizzata anche durante il Medioevo: fu solo nell’VIII sec. che iniziarono a fare la loro comparsa dei segni sonori denominati neumi collocati sopra il testo letterario che servivano ad indicare l’andamento della melodia.
Per perfezionare questa notazione neumatica vennero introdotti alcuni accorgimenti per fissare meglio l’altezza dei suoni.
Si iniziò ad inserire al di sopra del testo che andava cantato una linea rossa chiamata F (Fa), come punto di riferimento degli altri neumi: quelli posti sopra la linea indicavo suoni acuti, quelli al di sotto i suoni gravi.
Anche se si utilizzava questa linea rossa, l’altezza dei suoni era comunque approssimativa, ecco perché in un secondo momento fu introdotta una linea di colore giallo che venne chiamata C (Do) e da lì vennero introdotte altre linee fino a giungere al tetragramma perfezionato dal monaco benedettino Guido D’Arezzo.
Ancora oggi il tetragramma viene utilizzato nel canto gregoriano il famoso canto monodico tipico della liturgia cattolica.
Successivamente le linee iniziarono ad essere scritte in nero e per creare un sistema musicale universale, si ricorse all’uso delle lettere chiavi derivanti dall’alfabeto.
Le chiavi potevano spostarsi di linea in linea in modo che la melodia restasse dentro il tetragramma.
Da queste linee chiave “Do” e “Fa” derivano tutte le altre in successione ascendente e discendente.
A Guido d’Arezzo, va anche il merito di aver, oltre a determinare il tetragramma, dato il nome alle prime sei note musicali che presero il nome di esacordo e che derivavano dalle prime sillabe dell’inno dedicato a S.Giovanni, in cui ogni verso inizia con un suono immediatamente superiore al precedente.
Grazie alla notazione neumatica che viene inserita nel tetragramma venne risolto il problema dell’altezza dei suoni, mentre vi era ancora strada da fare per quanto riguarda la durata dei suoni.
Per cercare di risolvere questo problema iniziarono ad essere utilizzati dei segni grafici come:
Ai quali poi si aggiunsero anche note bianche per indicare differenti valori:
Iniziarono dunque ad aumentare le linee destinate ad indicare nuove altezze sonore.
A partire dal 1500 grazie al teorico musicale Giuseppe Zarlino, nacque il pentagramma musicale come lo conosciamo oggi con l’utilizzo di segni grafici o figure musicali utilizzati per rappresentare suoni e momenti di silenzio che hanno una durata variabile, con la divisione dello spartito in misure tramite lineette verticali, l’introduzione della settima nota “Si” ed altri elementi secondari.
Grazie poi all’avvento della stampa (sec. XVI) si diede il via alla forma di grafia sonora tonale che ha determinato la nascita dei più grandi capolavori della musica internazionale e allo sviluppo del linguaggio musicale che diventa più raffinato.
Per poter fissare poi l’estensione sonora della voce umana e degli strumenti sul pentagramma, si ricorse all’uso di tre lettere chiavi definendo le note in Hertz.
Da queste lettere chiavi derivò poi il setticlavio, l’insieme delle sette chiavi musicali, cioè di quei segni grafici che vengono posti all’inizio del pentagramma e che servono a determinare la posizione dei suoni che corrispondo ad ogni voce e strumento.
Tipologie di pentagramma
Si possono riconoscere diverse tipologie di pentagramma:
- semplice: chiamato così in quanto composto da un solo pentagramma ed è quello utilizzato per gli strumenti musicali di limitata estensione fonica come fiati e archi e per voce umana dal momento che si ricoprono abbracciano registri acuti, centrali e bassi;
- doppio: detto così perché è formato da due pentagrammi che sono uniti tra loro da una graffa ed è utilizzato per strumenti quali: pianoforte, arpa, fisarmonica, celesta, harmonium. Utilizzando questi pentagrammi vi è la possibilità di poter distinguere i differenti suoni degli strumenti citati prima in quanto i due pentagrammi permettono di distinguere i suoni che devono essere riprodotti al pianoforte con la mano destra (riga superiore) da quelli della mano sinistra (riga inferiore);
- triplo: usato principalmente per gli spartiti inerenti musiche d’organo ed è composto da due pentagrammi per la/le tastiera/e e uno per le note riguardanti la pedaliera;
- multiplo: utilizzato nelle partiture di complessi strumentali, vocali strumentali e dell’orchestra.
Ovviamente la prima misura di ogni pentagramma viene indicata dalla chiave, seguita dall’indicazione del tempo mentre l’indicazione del metro avviene solo ad inizio brano.
Semplice, doppio, triplo o multiplo, la musica è continua evoluzione e ognuno può decidere di creare della buona musica imprimendo le note sul proprio pentagramma.